Dal treno lo sguardo della disperazione
La
desolazione di essere nati in un luogo governato dalle guerre, dalla
fame e dalla povertà, privo di futuro per i propri figli e umiliati
da un Occidente finto perbenista, raccontato con gli occhi al
risveglio sul treno di chi non ha più nulla perdere.
Prosegue
il viaggio dei profughi siriani, afgani e iracheni arrivati in treno
a Budapest, Ungheria, verso la prosperosa Europa per fuggire
dall’inferno del loro Paese martoriato dai conflitti interni e
dalle sofferenze umane.
Ormai
è un flusso che appare inarrestabile, un’odissea di profughi e di
migranti in marcia verso la Germania, la Norvegia, la Svezia e
l’Olanda, paesi ricchi, per uomini, donne e bambini che si
accalcano sui treni per ritrovare quella libertà perduta da molto
tempo e la dignità di sentirsi uomini uguali a tutti gli altri
esseri umani. Forse è già iniziata una crisi che durerà più di 20
anni e che non vedrà mai una luce, come dichiarano gli uomini di
potere dei Paesi industrializzati.
Purtroppo
l’Europa non si dimostra così solidale nei loro confronti, sembra
quasi di rivivere il secondo conflitto mondiale finito da 70 anni,
vengono alzati i muri della vergona e realizzate le barriere con i
fili spinati per impedirne il loro ingresso in città e, in alcuni
casi, marchiati
sul braccio con un pennarello per identificare il treno d'arrivo e il
vagone. Sono ferite morali che nessuno dimenticherà mai più,
neanche quei poveri bambini sbattuti da un luogo all’altro senza
capirne il motivo.
Molti
profughi e migranti si rifiutano di cibarsi per protesta a una classe
politica, come quella europea, improntata al razzismo, quasi
distaccata nel vedere i corpi restituiti dai mari durante
l’attraversata del Mediterraneo per raggiungere l’Europa.
Tutti
i giorni sembra di vivere un’avventura senza fine, si parte in
treno credendo di fuggire da una catastrofe umana, increduli che è
solo tutta una finzione bene architettata politicamente. I treni
vengono fermati a 37 chilometri da Budapest per poi trasportare i
profughi con l’autobus nei centri per rifugiati, dove lì
rimarranno a tempo indefinito.
Agosta A.
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