SI E’ SUICIDATA PAULA COOPER, EMBLEMA DELLA LOTTA CONTRO LA PENA DI MORTE
Morta
suicida la 45enne Paula Cooper, criminale statunitense e la più
giovane condannata a morte dalla Corte Suprema dell’Indiana, Usa.
La
brutta vicenda risale al 1986. Paula aveva appena 15 anni, una
minorenne in cerca di emozioni forti la cui adolescenza era stata
turbata da seri problemi familiari.
Con
altre tre adolescenti afroamericane come lei fece irruzione a
scopo di rapina nell’abitazione di un’anziana professoressa di
religione, la 78enne Ruth Pelke, che morì trafitta da 33
coltellate per un bottino di soli 10 dollari e una vecchia
auto.
Paula
fu l’unica del gruppo a essere condannata alla sedia elettrica per
omicidio di primo grado, pena convertita poi in anni 60 di carcere.
Il
suo caso mobilitò l’opinione pubblica mondiale con una campagna
internazionale di solidarietà contro la pena di morte, che vide la
partecipazione della comunità di S. Egidio, Nessuno tocchi Caino,
Amnesty International, il Partito Radicale Italiano, il Parlamento
Europeo con Emma Bonino, prima firmataria, e Papa Giovanni Paolo II.
Due
anni dopo, era il 1988, la Corte Suprema americana stabilì che non
si poteva infliggere una condanna alla pena capitale per un reato
commesso sotto i 16 anni, facendo salire da 10 a 16 anni l’età
minima per una condanna a morte. “La
ragazza commise il fatto in uno stato confusionale, in quel monento
era incapace di intendere e di volere”.
Il
17 giugno del 2013 la 43enne Paula Cooper venne scarcerata, ma
la sua vita si era spezzata quella notte del 1986. Forse, il
suicidio era l’unica risposta a una vita priva di sole e serenità.
Il
suo nome riamane legato al volto di un’adolescente spento dalle
avversità della vita, icona della campagna contro la pena capitale
negli Stati Uniti.
Agosta A.
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