Boston: attentatore della maratona condannato a morte
Una iniezione letale: così sarà giustiziato Dzhokhar Tsarnaev, il
giovane attentatore della maratona di Boston che quel tragico 15 aprile
del 2013 aveva solo 19 anni. E si rese complice del peggior attacco
terroristico in terra americana dall'11 settembre 2001. Il folle gesto
fu portato a termine col fratello maggiore Tamerlan Tsarnaev, poi morto
in uno scontro a fuoco con la polizia. Costò la vita a tre persone,
dilaniate dalle schegge di due 'pentole bomba' imbottite di chiodi, due
ordigni artigianali costruiti in casa. Tra le vittime Martin Richard, un
bimbo di 8 anni che assisteva alla gara nei pressi del traguardo,
appoggiato alla transenna a pochissimi passi dallo zainetto che
conteneva uno dei micidiali ordigni. I genitori di Martin avevano
chiesto di salvare la vita del carnefice del loro amato figlio. Ma
l'appello, come i tantissimi appelli alla vita delle ultime settimane,
non ha sortito alcun effetto. I 12 giurati riuniti in camera di
consiglio per oltre 14 ore nella corte federale di Boston hanno deciso
per la pena di morte. Sebbene alcuni di loro abbiano preso in
considerazione l'attenuante della giovane età e quella dell'assenza di
precedenti penali, sono prevalse le aggravanti: la premeditazione e la
pianificazione dell'attacco, la crudeltà e l'efferatezza del crimine,
l'uso di armi di distruzione di massa, l'aver causato la morte di un
bimbo innocente, l'aver preso di mira un evento sportivo iconico, la
maratona più antica della storia degli Stati Uniti.
Solo tre giurati su 12, poi, hanno ritenuto che Dzhokhar abbia agito
sotto l'influenza della figura dominante del fratello maggiore.
"L'imputato merita la pena di morte - aveva detto l'accusa nell'arringa
finale - non perché è violento, ma perché è crudele. Per la sua volontà
di distruggere la vita di altre persone per un'idea". Dzhokhar ha
ascoltato la sentenza in silenzio, seduto con le braccia incrociate. Al
momento del verdetto - raccontano i testimoni - non ha mostrato
particolari emozioni. Poi, terminata la lettura della sentenza, si e'
alzato allontanandosi dall'aula senza dire nulla, dopo aver ricevuto una
pacca sulla spalla dal proprio avvocato. Eppure tra chi lo ha visitato
di recente in carcere qualcuno afferma come Dzhokhar si sia pentito. E
qualche giorno fa quella maschera di freddezza che fin dal primo momento
ha contraddistinto il ragazzo si era per un attimo sciolta in lacrime,
per la prima volta, quando in aula ha testimoniato una sua zia. Ora
Dzhokhar sarà molto probabilmente trasferito nel braccio della morte del
penitenziario di Terre Haute, in Indiana. Lì attenderà la sua fine, che
potrebbe arrivare anche tra qualche anno. Intanto fuori dal tribunale
alcune decine di attivisti che si battono contro la pena di morte
protestano. E chissà cosa passa nella testa del giovane di origini
cecene, che se fosse stato condannato all'ergastolo avrebbe passato il
resto della sua vita in completo isolamento nel supercarcere di
Florence, in Colorado: una sorta di inespugnabile Alcatraz dove si
trovano i più pericolosi criminali d'America.
Amnesty Usa, non e' giustizia - Prime reazioni
polemiche alla condanna a morte per l'attentatore alla maratona di
Boston Dzhokar Tsarnaev. Secondo Amnesty Usa, "questa non e' giustizia".
"Condanniamo l'attentato e piangiamo per le vittime. La pena di morte
pero' non e' giustizia. Alimenta la violenza e non impedisce che altri
commettano crimini simili in futuro", ha detto il direttore esecutivo
Steven Hawkins, facendo notare la "vergogna" che il governo federale
applichi la pena capitale mentre il Massachusetts l'ha abolita a livello
di stato.
Ansa
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