DILAGA L’ OMOFOBIA. SE DICI DI ESSERE GAY RISCHI DI PERDERE IL LAVORO

Un uomo riminese di 40 anni, Roberto (nome inventato) e cuoco di professione, è stato costretto dal proprio datore di lavoro, un ex carcerato, ad abbordare una prostituta per dimostrare la propria sessualità.
Le accuse erano di essere gay e poco virile per l’ambiente di lavoro in cui si trovava.
L’uomo, il cuoco, è stato preso di mira dai suoi colleghi, i quali si vantavano della propria mascolinità e delle tante storie d’amore vere o presunte.
Roberto è stato licenziato dopo un mese di lavoro in nero. Il ristoratore non voleva femminucce nella sua cucina.
«Questa incredibile violenza – dice Marco Tonti vicepresidente Arcigay di Rimini – ricorda quelle che si praticavano nei campi di sterminio di nazisti ai danni di centinaia di miglia di omosessuali imprigionati, che venivano costretti con la forza ad avere rapporti con prostitute per guarirli».
L’Arcigay ha lanciato un appello a tutti i ristoratori riminesi per aiutare la vittima, offrendogli un lavoro non chiedendo la propria identità sessuale.
In Italia l’omofobia è una brutta realtà, esiste e si manifesta attraverso il branco e un’assennata volontà di farli guarire da una ‘malattia’ inesistente.

Agosta A.

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