CONFESSIONE DI UN ASSASSINO
Ho
ucciso un uomo e lo rifarei un’altra volta, non sono un assassino.
Ho solo fatto giustizia, quella personale, non voglio aspettare
una sentenza che non arriverà mai. Siamo in Italia, dove tutto è
tollerato.
Quell’uomo
ha violentato e ucciso mia figlia, la mia unica figlia. Alessandra
era il nome che diedi a mia figlia, la mia unica figlia.
Oggi,
mi rimane il ricordo di una bambina che ho visto nascere e che non
vedrò mai accanto a un uomo vero.
La
mia bambina sognava un mondo fatto di brava gente e di buone
intenzioni. Un mondo privo di cattiveria e d’ipocrisia nascosta
dietro a un finto buonismo.
Alessandra
s’immaginava con il camice bianco a salvare la gente priva di
malvagità. La sua meta era l’Africa, nera fuori e buona dentro. I
bambini di quel luogo non hanno colpe, così diceva Alessandra,
piangendo come una tenera creatura priva di certezze.
Fantasticava
un mondo perfetto, magari accanto a un uomo simile a me, io che ero
suo padre. Scherzavamo e ridevamo di gusto, lei era mia figlia, la
bambina che ho visto crescere.
Io
ho ucciso quell’uomo, vendicando la morte di mia figlia. Lui rideva
di gusto per il suo atto omicida e non ha chiesto perdono mentre lo
uccidevo.
Alessandra,
mia figlia, credeva nell’uomo che l’ha uccisa, non pensava che in
lui si nascondesse un orco assassino. Perché quell’uomo era suo
zio, mio fratello.
Agosta A.
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