IL FIGLIO DI PROVENZANO RACCONTA LA MAFIA AGLI AMERICANI
Angelo
è il figlio maggiore del boss di Corleone, Bernardo Provenzano,
storico capo mafia condannato al carcere duro per la
violenza con cui stroncava le vite dei suoi nemici, ha trovato
un modo per sfruttare il fenomeno mafioso affermatosi anche fuori dal
nostro Paese: trasformandolo in folklore, come guida turistica per un
tour operator di Boston.
La
mafia, presente anche negli Stati Uniti d’America e raccontata
attraverso la cinematografia di successo con il film Il
Padrino,
con il volto grottesco di Don Vito Corleone, interpretato dall’attore
Marlon Brando, è una terribile piaga sociale affrontata in prima
persona da uomini che hanno dedicato la propria vita per
un’organizzazione criminale che non vede una fine.
Giovanni
Falcone, Paolo Borsellino, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e
tanti altri uomini in lotta alla mafia, sono eroi morti per mano
della malavita, consapevoli di combattere contro Golia.
Al
peggio non c’è mai fine. Gli americani hanno pensato bene di
spettacolarizzare il fenomeno mafia come un aspetto pittoresco, a
tratti romanzato dal finale in tinta rossa, organizzando un tour con
un pacchetto che include vitto, alloggio, visite guidate e incontro
con il figlio del boss. Tutto a svantaggio di chi vorrebbe scrollarsi
di dosso il marchio indelebile voluto da uomini privi di
rispettabilità.
All’iniziativa
a dir poco bizzarra e danarosa, hanno aderito persone over 60, liberi
professionisti e pensionati in cerca di emozioni vere,
l’avvocato che studia fatti di cronaca tra finzione e realtà,
lo psicologo per capire un potere di corruzione intrinseco, il
professore universitario per raccontare il fenomeno mafia ai suoi
studenti.
Gruppetti di 15 persone in viaggio dagli Usa destinazione Palermo, per trovarsi faccia a faccia con il 39enne Angelo Provenzano e conoscere quel mondo martoriato dal sangue di uomini ammazzati mentre facevano il loro dovere.
Non sono turisti per caso, citando un vecchio film, semmai ricercatori di verità delle stragi di mafia più conosciute all’estero, Capaci e Via D’Amelio, attraverso gli occhi di un uomo a cui figura paterna ha condizionato l’adolescenza, il presente e un futuro tutto da riscrivere.
Gruppetti di 15 persone in viaggio dagli Usa destinazione Palermo, per trovarsi faccia a faccia con il 39enne Angelo Provenzano e conoscere quel mondo martoriato dal sangue di uomini ammazzati mentre facevano il loro dovere.
Non sono turisti per caso, citando un vecchio film, semmai ricercatori di verità delle stragi di mafia più conosciute all’estero, Capaci e Via D’Amelio, attraverso gli occhi di un uomo a cui figura paterna ha condizionato l’adolescenza, il presente e un futuro tutto da riscrivere.
Angelo,
come sempre, scruta i suoi ospiti che lo ascoltano in religioso
silenzio, parlando per quasi un’ora in un inglese quasi perfetto,
aspettando che i presenti intervengano con le loro domande sulla
religiosità professata dal padre, nonostante un’esistenza votata
al crimine più efferato.
Finito
il racconto, inizia il giro per le vie di Palermo per esplorare
un’altra storia, quella gastronomica dei cannoli e della cassata
con la ricotta. “Vorrei una vita più normale possibile – dice
Angelo – Ma mi rendo conto che non c’è speranza”. Vuole
iniziare un percorso nuovo lavorativo nel settore turistico,
potenzialità in cui ha sempre creduto. Non vuole cambiare nome,
identità o darsi alla latitanza, come gli suggeriscono gli
americani. “Quella è solo trama per un film”.
Non
tutti sono d’accordo con questa incredibile iniziativa,
apparentemente innocua. Come sostiene Beppe Lumia, senatore del Pd,
il buon Angelo, oltre a raccontarsi ai turisti arrivati dall’Alabama,
dal Texas o dal Wyoming, potrebbe dire ai magistrati dove si trovano
le ricchezze accumulate dal padre.
Agosta A.
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