LAURA ANTONELLI: DAL CINEMA ALLA PREGHIERA

«La vita terrena non mi interessa più». Una donna quasi mistica e dedita alla preghiera, forse per ripulirsi interiormente da quel mondo sospeso e irreale che è il cinema, oltre al caso di droga di cui fu accusata anni fa.
Lei è Laura Antonaz, nome d’arte di Laura Antonelli, icona erotica della cinematografia italiana e internazionale.
La donna dalla schiena nuda più bella mai apparsa sugli schermi dopo quella di Marlyn Monroe”. Così disse Lando Buzzanca suo compagno nel film “Il merlo maschio” del 1970, diretto dal regista Pasquale Festa Campanile.
Laura, attrice bella e sensuale. La Venere dall’aria dolce e dallo sguardo sognante. La donna che nessuna moglie vorrebbe avere nella porta accanto o come aiuto domestico alla maniera di Angela La Barbera nel film “Malizia” da lei interpretato nel 1973 accanto all’attore Turi ferro.
La vita di Antonelli inizia davvero come un film da scrivere sulle pagine bianche di un diario virtuale della propria vita. Nasce a Pola, Croazia, da una famiglia istriana. Si trasferisce a Napoli con la famiglia dopo l’esodo istriano a partire dalla seconda guerra mondiale, dove finirà gli studi superiori al Liceo Scientifico Vincenzo Cuoco e successivamente si diplomerà presso il locale I.S.P.E.F (Istituto Superiore Pareggiato di Educazione Fisica). Farà l’insegnante di educazione fisica a Roma, ma la sua vera passione è il mondo romanzato dei giornali e del cinema.
Laura inizierà una carriera straordinaria nel respiro cinematografico sotto il segno di grandi registi italiani e stranieri, diventando una tra le attrici più pagate e tra le più richieste di quel momento, dimenticando le sue origini per nulla serene, come se la vita le avesse restituito quel sogno spezzato con la giovinezza logorata dalle incertezze di un futuro tutto da riscrivere.
Vivere un sogno, di cui non vorresti mai risvegliarti, e ritrovarti in Paradiso trasformato oggi in inferno.
Negli anni ’90 inizia il suo declino professionale ed esistenziale. Per 36 grammi di cocaina trovati nella sua villa di Cerveteri, si ritroverà rinchiusa nella casa circondariale di Rebibbia, Roma, accusata di spaccio. Per Laura saranno anni di vissuti nella sofferenza psichica più assoluta, dimenticata e allontanata da tutti proprio come avviene con la peste.
Detenzione sbagliata. L’assoluzione arriva nel 2000. La Corte d’Appello di Roma la riconosce come consumatrice abituale di stupefacenti. Non è un reato e neanche spaccio. Lo Stato le riconosce 150 mila euro di risarcimento. Denaro che l’attrice regalerà a chiunque ne avesse davvero bisogno.
Con un lifting sbagliato che le deturperà il viso lasciandole una reazione allergica, per Laura Antonelli la sua vita cambierà in modo definitivo.
Come ogni mattina si sveglia alle 7, va in chiesa anche sotto la pioggia e il freddo pungente. Ritorna a casa dove non trova nessuno all’infuori della sua grande fede ritrovata. In silenzio e nella solitudine scruta il suo presente lontano dalla tecnologia avanzata e dal fasto di un mondo oramai perduto per sempre.
Sceso il sipario sul palco e spente le luci dei riflettori, il pubblico pagante assiste la scena di un dramma arrivato all’ultimo atto.
Non è un suicidio virtuale a una vita avversa, semmai la consapevolezza che ormai la vita è breve proprio come un cerino acceso e subito spento.
“Io non credo di avere ancora molto da vivere, però vorrei vivere dignitosamente”.

Agosta A.

 

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