La morte di un clochard non impressiona nessuno

I clochard, i senza tetto o i barboni senza fissa dimora, come tutti noi li conosciamo, in questi giorni di festa e in pieno freddo polare delle grandi città del nord, hanno trovato conforto sui sedili degli autobus di città.
È stato un modo per incontrarsi fra loro e ammirare le opere d’arte delle grandi metropoli con le luci accese la notte, magari ricordando le serate a festa passate in famiglia davanti a un camino acceso e una tavola ricca di prelibatezze alimentari di ogni genere.
Per qualche clochard, sempre i barboni senza fissa dimora, la vita di strada è stata una scelta maturata per necessità in seguito a un momento avverso della propria vita. Oppure un caso voluto dal destino, come direbbe qualcuno.
Si vive alla giornata, chiedendo una moneta ai passanti, oppure contemplando la vita con gli occhi privi di lacrime e cattiverie verso il prossimo.
L’unica incognita è svegliarsi la mattina e capire di essere ancora vivi. Ritrovarsi negli stessi abiti del giorno prima, coccolati dall’affetto del proprio cane, l’amico a quattro zampe, sotto lo stesso cielo grigio e pronto al pianto.
Non è stato così per un clochard ucraino trovato morto per ipotermia nel Parco Solari, nella zona dei Navigli, Milano. L’uomo si trovava steso a terra, senza vita, accanto a una panchina vuota. Le sue iniziali sono H.H., e dell’età di 48 anni.
Come H.H, il clochard morto a Miano, ci sono tante altre persone che muoiono nelle notti di festa lontano dagli sguardi della gente. Per gli altri non hai un nome e non hai famiglia, sei privo d’identità, quasi un morto vacante. Un corpo morto che occupa il suolo pubblico.
I Comuni, come le associazioni caritatevoli, ogni anno si mobilitano per rendere migliore la sopravvivenza di tutti coloro che hanno bisogno e sono in condizioni di difficoltà, soprattutto nei periodi di freddo come quelli che stiamo vivendo in questi giorni.
Però, forse, tutto questo ancora non basta a tenerli in vita.

Agosta A.

 

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