Francesco Totti: la malinconia del guerriero
Forse, la
sconfitta immeritata della Roma contro il Real Madrid, ha segnato l'addio del
capitano giallorosso Francesco Totti, rassegnato di rimanere in panchina ad
aspettare il suo momento che mai più arriverà. Il suo ultimo goal risale allo
scorso settembre contro il Sassuolo, da quel giorno qualcosa è cambiato, come
restare invisibile davanti al suo pubblico.
Spalletti,
l'allenatore, crede che un mito come Totti non serva più alla squadra. “Io devo allenare la squadra, non i
singoli, bisogna vincere le partite e ci vuole forza, corsa, disponibilità a
sacrificarsi”.
“Io? Che ce fai con me, ormai?”. Battuta ironica e provocatoria detta a un
cronista fuori dal campo. Poi allunga il passo e scappa via con un senso di
malinconia addosso.
Francesco,
battezzato come il crepuscolo triste, medita il ritiro dalle scene pur sapendo
che il suo futuro è tutto ancora da riscrivere, lontano dai campi e forse
dietro a qualche scrivania improvvisamente ingombrante, solo per accontentare
qualcuno che non sarà lui.
Sono bastati
quattro e ultimi minuti, giocati a risultato già acquisito per il Real, a dare
inizio alla caduta di un mito e il congedo dalla Coppa, e non basteranno le sue
barzellette, dette in dialetto romanesco, per fargli passare la voglia di
calcio con cui è nato. In tasca si ritrova un contratto con scadenza al 30
giugno e la promessa verbale di Pallotta: “Finché
vorrai giocare potrai farlo nella Roma”.
La
partita, finita con la beffa dello 0-2, ad aspettarlo fuori dallo stadio c'era
Ilary, sua moglie, e come un bravo marito è ritornato a casa ad assaporare il
fuoco bluastro della malinconia.
Agosta A.
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