Venezia: poker italiano in concorso

L'Italia fa poker con 4 film nel concorso di Venezia72: Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio, A bigger splash di Luca Guadagnino, L'attesa dell'esordiente Piero Messina e Per amor vostro di Giuseppe Gaudino. Ce ne sono poi due in Orizzonti - Alberto Caviglia in Pecore in erba e Italian Gangster di Renato De Maria - e tre nel Fuori Concorso - L'esercito più piccolo del mondo di Gianfranco Pannone, Gli uomini di questa città io non li conosco di Franco Maresco e Non essere cattivo, il film di Claudio Caligari completato da Valerio Mastandrea dopo la recente scomparsa del regista. La pattuglia italiana alla Mostra del cinema di Venezia (2-12 settembre) è più che mai ricca. E abbondante se si aggiungono i due autori Simone Isola e Valerio Ruiz tra i documentaristi di Venezia Classici e i tanti della bella novità di quest'anno ai Giardini del casinò, gli incontri in arena aperti a tutti da Tornatore a Vasco Rossi.
''Stiamo attenti a non illuderci'', fredda gli entusiasmi il direttore Alberto Barbera, ma il riferimento non era ironicamente a Cannes dove arrivati con 3 filmoni in gara (Sorrentino, Garrone, Moretti) siamo ripartiti con zero premi e tante polemiche. Barbera si riferiva ad altro: ''Sono tanti, quattro in gara poi non c'erano da tempo, è un bel segnale forte al cinema italiano ma questo significa che lo stato di salute della nostra filmografia è ottimo? Temo di no, tantissime produzioni ma non altrettanta qualità, ci sono più ombre che luci''. Una dato numericamente abbondante è indubbio, ci sono infatti da considerare le Giornate degli autori (Viva la Sposa di Ascanio Celestini, Arianna di Carlo Lavagna, La prima luce di Vincenzo Marra con Riccardo Scamarcio) e la Settimana della critica (Banat di Adriano Valerio). Barbera, è il suo mestiere, promette di aver selezionato 'bei' film, al di là di questo però il numero 'esagerato' ha un valore in se anche strategico: attirare una rinnovata fiducia del cinema italiano verso il nostro principale festival. Dopo il clamoroso a bocca asciutta di Cannes vale la pena riconsiderare il mito e affrontare quella che molto spesso è stata quasi un'arena, il Lido, più che una competizione con registi scottati che dissero 'mai più lì'.

Ansa

 

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