Scala: trionfa Giovanna d'Arco, tornata dopo 150 anni
Dopo 150 anni di oblio, il pubblico della
Scala ha ritrovato la sua 'Giovanna D'Arco'. Otto minuti continui di
applausi e grida di 'Viva Verdi' hanno infatti decretato il pieno
successo dell'opera di Giuseppe Verdi che, con Riccardo Chailly sul
podio e la regia di Moshe Leiser e Patrice Caurier, ha inaugurato la
stagione scaligera nella tradizionale festa di Sant'Ambrogio, quest'anno
segnata da particolari misure di sicurezza per le minacce del
terrorismo. Ma la massiccia presenza delle forze dell'ordine, le
transenne - del resto mai mancate nelle serate inaugurali in piazza
della Scala dai tempi della contestazione sessantottina - e i metal
detector non hanno impensierito più di tanto un pubblico di
appassionati, vip, artisti e personaggi politici; col presidente del
Consiglio Renzi che lasciando il teatro ha esplicitamente lodato lo
spettacolo, e l'ambasciatrice di Francia, Christine Colonna, i ministri
Franceschini e Delrio, il sindaco di Milano Pisapia, il presidente della
Regione Maroni. La qualità dello spettacolo ha fatto il resto, aiutando
a dimenticare ogni minaccia e calamitando l'attenzione sull'opera di
Verdi e sull'interpretazione che ne hanno dato gli artisti, tutti
applauditi a lungo e intensamente. A cominciare dall'Orchestra, con
ovazioni al Maestro Riccardo Chailly, che ha aperto la serata dirigendo
l'Inno di Mameli, e da un grandissimo coro scaligero diretto da Bruno
Casoni.
E applausi alle voci, soprattutto ad Anna Netrebko (Giovanna),
confermatasi grande interprete verdiana e a Francesco Meli (Carlo VII).
Ma anche per Devid Cecconi, sconosciuto baritono fiorentino 44/enne che
nel ruolo di Giacomo ha sostituito con merito Carlos Alvarez, costretto
al forfait da una bronchite. Apprezzata anche la regia di Leiser e
Caurier, che hanno trasposto la vicenda della pulzella d'Orleans
raccontata dal libretto di Temistocle Solera nella psiche della
protagonista, una giovane di metà Ottocento, che vive nella sua stanza
da letto il conflitto tra la morale borghese e religiosa impostale dal
padre e il desiderio di vivere appieno la sua sessualità. Nella sua
mente essa diventa Giovanna D'Arco nella Guerra dei Cent'Anni. Si
innamora di Carlo VII e combatte per la libertà della Francia, ma il
senso di colpa a tratti prevale: vede gli angeli e poi i demoni. Grida
"sono maledetta!". Quando al culmine della felicità è all'incoronazione
di Carlo nella cattedrale di Reims, il padre Giacomo la accusa davanti
al popolo di essere in peccato mortale ("Sei tu pura e vergine?"). Non
muore sul rogo per mano degli inglesi come da tradizione storica, ma,
come vuole il libretto, è ferita a morte in battaglia. Anche se il rogo,
al pari delle sue allucinazioni, è presente sul palcoscenico.
La scena (di Christian Fenouillat) è fissa e rappresenta la camera da
letto ottocentesca della protagonista, ma continuamente spariscono
pareti, entrano eserciti in armi, lunghe lance, angeli, diavoli rossi
(con coreografie di Leah Hausman), si erge grandiosa sul fondo la
cattedrale di Reims che poi sprofonda nel fuoco, mentre le
videoproiezioni (di Etienne Guiol) mostrano battaglie cruente. La pazzia
di Giovanna è sempre raccontata con un velo di trasfigurazione
favolistica: la 'pulzella' accorcia la camicia da notte bianca e veste
l'armatura dorata (i costumi sono di Agostino Cavalca), con spada e
'cimiero'. Analogamente Carlo VII appare su un cavallo dorato, egli
stesso con armatura e corona d'oro. Non è, però, l'eroe indomito delle
favole, ma un uomo in balia degli eventi. Importante il ruolo di
Giacomo, padre di Giovanna, che la accusa, arriva a consegnarla agli
inglesi e troppo tardi si pente. Un'opera di difficile esecuzione anche
per le voci, con concertati, terzetti, cabalette ripetute due volte e
con tessitura costantemente sul registro medio-acuto. Ma anche un'opera
importante nell'attività di Verdi: "Vi sono anticipazioni del Macbeth -
ha detto Chailly - di Rigoletto, Traviata, Aida, dell'autodafé del Don
Carlo, perfino le note del Dies Irae del Requiem, composto nel 1874.
Straordinario che già a 32 anni Verdi avesse in testa quella musica". Il
pubblico della Scala, verdiano per eccellenza, vi ha riconosciuto
l'anima del proprio beniamino e al calar del sipario ha applaudito
convinto.
Ansa
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