TAORMINA. “BRAVE MISS WORLD”. CECILIA PECK A DIFESA DEI DEBOLI
Linor
Abargil, di origini israeliane, Miss Mondo 1998, racconta il suo
stupro attraverso le testimonianze di altre donne che hanno subito lo
stesso trauma, in lungometraggio diretto dall’attrice e regista
Cecilia Peck, figlia dell’indimenticabile Gregory Peck.
Come
il padre, Cecilia Peck, da regista ha accolto appieno la proposta di
Linor di girare un documentario ricco di testimonianze forti e vere,
passando dai salotti hollywoodiani ai sobborghi sudafricani,
intervistando donne dello spettacolo, come Joan Collins, la perfida
di Dynasty, violentata dall’uomo che diventerà suo marito.
“Pensavo
dovesse andare così, perché si era preso la mia verginità”.
Il
film è stato presentato al Taormina Film Fest 2015, voluto
fortemente dalla Peck per i tanti casi di femminicidio compiuti nel
nostro Paese. La proiezione apre con un’inquadratura che
riprende il bellissimo viso della protagonista, per poi irrompere con
la rivelazione shock della violenza da lei subita all’età di 18
anni, una persona bella fuori ma che è distrutta dentro.
Linor, prima della proclamazione a Miss Mondo, si trovava a Milano per partecipare a una sfilata di moda, quello era il suo lavoro ed era ancora una giovane ragazza con una vita alla ricerca di successo e vero amore. A Milano conoscerà Uri Shlomo, un agente di viaggio israeliano che lavorava in Italia, lo stesso uomo che si offrirà di accompagnarla in macchina all’aeroporto di Roma, come lui le aveva promesso. Shlomo la porterà in un luogo deserto lontano dalle luci urbane per usare violenza sul suo giovane corpo. Linor sarà legata, violentata e minacciarla di morte se racconterà l’accaduto. La ragazza riesce a liberarsi e scappare via, ma dentro di lei quella ferita farà fatica a rimarginarsi.
Linor, prima della proclamazione a Miss Mondo, si trovava a Milano per partecipare a una sfilata di moda, quello era il suo lavoro ed era ancora una giovane ragazza con una vita alla ricerca di successo e vero amore. A Milano conoscerà Uri Shlomo, un agente di viaggio israeliano che lavorava in Italia, lo stesso uomo che si offrirà di accompagnarla in macchina all’aeroporto di Roma, come lui le aveva promesso. Shlomo la porterà in un luogo deserto lontano dalle luci urbane per usare violenza sul suo giovane corpo. Linor sarà legata, violentata e minacciarla di morte se racconterà l’accaduto. La ragazza riesce a liberarsi e scappare via, ma dentro di lei quella ferita farà fatica a rimarginarsi.
Linor
telefonerà a casa liberandosi in un pianto che non trova conforto se
non nelle parole della madre che le suggerisce di stare calma, di non
farsi la doccia, di ricorrere al primo ospedale della zona e
raccontare l’accaduto alla polizia, cosa che Linor farà
immediatamente.
In
Italia la giustizia non farà un buon lavoro. Uri Shlomo ne esce
pulito, come se non avesse commesso il fatto. Sarà un giudice
americano, in collaborazione con le autorità israeliane, a fare
arrestare il colpevole.
Linor
si sposerà e metterà al mondo due gemelli. Lei non voleva fare la
Star, semmai godersi il lavoro di modella che tanto amava.
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