STASI SI LAMENTA: “SONO DISOCCUPATO”

Il 13 agosto del 2007, a Garlasco, cittadina apparentemente tranquilla in provincia di Pavia, fu commesso l’omicidio efferato di Chiara Poggi, una giovane studentessa di 26 anni.
Una brutta vicenda avvolta nelle incertezze giudiziarie, di cui fu accusato, da subito, il fidanzato Alberto Stasi, perché ha mentito a tutti costruendo una storia contraddittoria pur sapendo di aver massacrato senza pietà e senza fatica la sua fidanzata.
La sera dell’omicidio, Chiara era in casa in compagnia di Alberto, come due teneri innamorati in una calda sera d’agosto, come accadeva sempre quando i genitori della ragazza si trovavano fuori in vacanza. Stasi, in casa Poggi si muoveva in piena liberta, come quel giorno, impegnato a correggere la tesi di laurea e a visionare filmati e foto pedopornografici dal suo portatile, poi sequestrato.
Purtroppo quella vacanza non verrà mai più dimenticata dai genitori della ragazza, perché fu l’ultima volta che videro la loro figlia viva. Chissà, magari avrebbero potuto evitare questo crimine se avessero scelto di rinviare la partenza anche solo di un giorno, ma come sempre è il destino quello che detta le leggi e contro non si può andare.
Dopo due assoluzioni, Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere con il rito abbreviato, ma il motivo dell’omicidio rimane ancora ignoto, con l’unica certezza della presenza pericolosa e scomoda di Chiara, dopo aver scoperto la verità sul fidanzato.
Adesso Alberto si ritrova disoccupato dallo studio commercialista in cui lavorava, i clienti si rifiutano di essere seguiti da un condannato per omicidio, viene meno la credibilità.
Tuttavia, il presunto omicida, Alberto Stasi, attende fiducioso l’esito del ricorso presentato dal suo avvocato.
Alberto Stasi è una persona che ha sempre parlato di sé, “come la vittima di un caso giudiziario che lo ha costretto per oltre otto anni a doversi difendere”, ma in realtà la sola vittima di questo processo è Chiara Poggi, uccisa a 25 anni dall’uomo di cui si fidava e a cui voleva bene”.
Agosta A.

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