SLA: BASTA DAVVERO UNA DOCCIA FREDDA PER SALVARE IL MONDO?

Se bastasse una doccia a migliorare il mondo tutti ci laveremmo di più. Sembra quasi uno slogan  pubblicitario di un nuovo prodotto per la pulizia,  ma di fatto non lo è.
“Mi chiamo Anna Rita e sono malata di Sla da quando avevo 24 anni. Oggi ne ho 42 e non so ancora quanto tempo mi resti da vivere. La Sla è la stessa malattia di cui tanto si parla come moda di un’estate ormai quasi finita. L’Ice bucket challenge, una sfida passaparola che vorrebbe incentivare la ricerca per un male oscuro come la Sla. Se bastasse una doccia fredda per salvare il mondo, io ne farei una al giorno. Ma così non è. La donazione si può fare anche in forma anonima e senza accattivarsi i consensi del pubblico pagante.
Io sono una quasi donna, come mi chiama la gente poco informata, paralizzata dagli arti superiori in giù, dipendo dagli altri in modo continuo, anche per asciugarmi le lacrime che si rifiutano di uscire.
Sorrido nel vedere la gente dello spettacolo giocare con un secchio pieno di acqua fredda e buttarsela addosso. La temperatura fuori è calda e una doccia  fredda  non fa mai male, anzi è piacevole.  Dopo ti rialzi e tutto continua come prima, tranne per me e per la mia cara amica Rosetta, la sedia a rotelle in cui sono costretta da troppo tempo.
Vorrei dare un suggerimento ai nostri cari politici sempre pronti ad “aiutarci”.  La Sla, come altre malattie di cui ancora non si conosce la cura,  è una cosa seria su cui non si può giocare senza conoscere la realtà che si nasconde  dietro.  Servono tanti soldi  e gente che possa svolgere la ricerca senza avere paura di vedersi bloccare il lavoro. Non possono costringerti a fuggire dal tuo Paese perché non ci sono fondi per la ricerca. I soldi si devono trovare, anche i nostri cari politici devono fare qualche rinuncia.
Io guardo il mondo da un oblò, aspettando qualcosa che un giorno cambierà la nostra mentalità di vita. Purtroppo, mi accorgo che  è solo utopia di una quasi donna che non ha nulla da perdere. Con affetto, Anna Rita”.
 Agosta A.
 

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