Siamo tutti ossessionati come in “American Beauty”?
«E’ difficile restare arrabbiati quando c'è
tanta bellezza nel mondo». Ieri
sera, su un canale di cui non ricordo il nome, in prima serata davano il film
American Beauty, interpretato dal bravissimo Kevin Spacey nelle vesti di un
uomo di mezza età, 42 anni depresso, che rinnega il suo presente schiacciato
dai doveri familiari. Io di età ne ho 43, un anno in più del protagonista, e
per gli americani sono già un uomo di mezza età e magari in cerca di quel desiderio sessuale
attraverso lo sguardo delle ragazzine.
Il film, bellissimo e
pluripremiato, l’ho rivisto dopo quasi sedici anni dalla sua uscita, un periodo
in cui di anni ne avevo appena 27, e non capivo nulla della vita a due, o forse.
Alla parola “Fine” ho
provato un senso di felicità interiore, ho realizzato il fatto di essere ancora
libero e di non avere vincoli amorosi che mi possano portare al suicidio. Gli
americani, a differenza di noi europei, sono ossessionati dall’aspetto
esteriore, come se un’automobile nuova e di grossa cilindrata, o una villa nei
quartieri alti della città, possano dare quella felicità tanto ambita e
fittizia, aggiungo io. Un’ossessione che ti annulla fisicamente e moralmente.
La storia è ben diretta
e magnificamente interpretata da tutti gli attori del cast. C’è un uomo
frustrato che si realizza modellando il proprio corpo e fumando marijuana per
dimenticare il lavoro che disprezza, una moglie fallita nel lavoro e una figlia
insoddisfatta della sua famiglia. Un vero cocktail da cinque Premi Oscar. L’infelicità
di un matrimonio apparentemente felice.
Il film si conclude con
l’omicidio di Lester Burnham, il protagonista, per mano del vicino Frank Fitts,
pensionato del Corpo dei Marines, sconvolto perché gli aveva manifestato la sua
omosessualità, con la voce di campo di Lester che ricorda le sue esperienze
belle vissute sulla Terra.
Agosta A.
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